h. 9.3O, SALA EUROPA DI PREDAPPIO (vai alla mappa)
Convegno: “L’uomo nuovo, il totalitarismo, lo Stato”
L’iniziativa, programmata a Predappio, costituisce una riflessione sul mito della costruzione dell’uomo nuovo nel contesto dei totalitarismi europei, dalla Germania all’Italia, alla Russia e sul ruolo dello stato totalitario rispetto ai temi della razza e dell’antisemitismo e sulle modalità di coinvolgimento delle espressioni artistiche e culturali.
Interverranno al convegno:
Francesco Cassata (Università di Genova)
L’uomo nuovo del Novecento: tra fordismo e totalitarismo
Giovanni Gozzini (Università di Siena)
Una “bonifica umana razionale”. Nicola Pende e l’Istituto Biotipologico
Ortogenetico (1926-1943)
Marcello Flores (Università di Siena)
Lo scrittore come “ingegnere di anime”: l’uomo nuovo in Unione Sovietica
h. 15,00, CENTRO DI PREDAPPIO (vai alla mappa)
Visita guidata al “Museo Urbano”.
La visita guidata al patrimonio architettonico di Predappio
sarà condotta dal Sindaco, Giorgio Frassineti.
h. 17.3O, REFETTORIO MUSEI SAN DOMENICO (vai alla mappa)
Conferenza di Irina Alter
“La guerra della Germania nel cinema tedesco del dopoguerra”
Irina Alter ha studiato storia presso l’Università di San Pietroburgo e dal 1998 storia dell’arte presso la Ludwig-Maximilians-Uinversität Monaco.
Nel 2012 ha conseguito il dottorato sul tema “Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo nel contesto della riforma del 1893-1894”. Il focus della sua ricerca è lo studio delle analogie e delle interazioni nelle arti e lo sviluppo culturale in Russia e Europa occidentale in tempi moderni.
h. 2O.3O, TEATRO APOLLO (vai alla mappa)
Proiezione film “Triumph over violence” (Russia 1965)
di M. Romm. Partecipa M. Turovskaya, coautrice
INGRESSO GRATUITO
Triumph Over Violence (in russo: fashizm Obyknovennyy, Обыкновенный фашизм – “fascismo comune”) è un film sovietico diretto da Mikhail Romm. Il film è anche conosciuto come Eco del Jackboot nel Regno Unito e Triumps corso violenza in USA . E’ sostanzialmente una di estratti commentati di film di archiviazione tesa a descrivere l’ascesa e la caduta del fascismo, e in particolare l’esempio della Germania nazista.
Il documentario di Mikhail Romm segue lo stile del regista sovietico Esfir Shub , un pioniere nell’uso e nello sviluppo di film di compilazione, che prevede la creazione di opere inedite (principalmente documentari) da un assemblaggio fatto da altro materiale cinematografico preesistente. Mikhail Romm, per fare il documentario Trionfo sulla violenza, usa materiale appartenente ad archivi tedeschi, archivi di organizzazioni antifasciste del dopoguerra, archivi fotografici e archivi militari sequestrati ai militari tedeschi.
Discepolo di Eisenstein , Vertov e Pudovkin, Romm, in questo film usa magistralmente il mezzo di espressione, la progettazione musicale e il linguaggio giornalistico per descrivere il regime nazista. E il filmato, grazie alla voce fuori campo e alla musica, ha un forte impatto emotivo sullo spettatore.
Una curiosità del film è il fatto che la narrazione è stata fatta da Romm stesso. Inizialmente, il regista aveva cercato uno speaker per questo lavoro, ma quando i suoi compagni udirono le versioni dei commenti scritti da lui stesso, gli consigliarono di registrare la sua voce. Infine, il commento, col suo peculiare vocabolario e la sua intonazione, è diventato uno dei principali elementi identificativi del film.
Utilizzando tecniche particolari come la ripetizione e il fermo immagine, Romm mostra una elevata padronanza cinematografica nel trasmettere il suo forte messaggio sulla natura totalitaria del regime nazista e la manipolazione dallo stesso operata sulle coscienze.

Vecchia guardia” generalmente viene considerato dalla critica uno fra i migliori lungometraggi di carattere apologetico prodotti in Italia in epoca fascista. Il film venne distribuito in Germania col titolo Mario e fu particolarmente apprezzato da Adolf Hitler, da sempre estimatore del fascismo, tanto che il Führer ricevette Blasetti e il piccolo Franco Brambilla in terra tedesca per una visita. Il film fu girato prevalentemente a Viterbo e ambientato nel 1922 e riguarda una vicenda tragica che coinvolge un giovane fascista. Alla sua uscita il film riesce a riscuotere un discreto successo di pubblico e una accoglienza in linea di massima positiva da parte della critica del tempo che ne mette in rilievo i pregi stilistici e alcune impostazioni innovative. Fra queste ultime il taglio realistico di molte scene e lo stesso linguaggio usato dagli interpreti, sempre naturale e in sintonia con la classe socio-culturale di appartenenza. Sotto un profilo più propriamente formale va sottolineata la superba fotografia di Otello Martelli utilizzata dal regista con una valenza simbolica di grande impatto visivo, con le luci accese su tutto ciò che incarno il fascismo e che ad esso si ricollega (spedizioni punitive e pestaggi compresi) e le ombre, che invece avvolgono le forze “antinazionali”. La critica contemporanea è portata a vedere nel film il momento di massima adesione di Alessandro Blasetti al regime fascista con alcune scene di retorica squadrista che ne abbasserebbero il livello qualitativo spezzando il ritmo drammatico che pur il regista riesce ad imprimere alla vicenda. Un film pertanto tutt’altro che disprezzabile, ma giudicato discontinuo e, in linea di massima, girato con chiari intenti apologetici.
L’iniziativa è finalizzata a portare a conoscenza delle istituzioni e del pubblico il progetto culturale che prospetta la realizzazione nella Casa del Fascio di Predappio di un grande centro culturale di rilevanza europea, con un centro di studi e ricerche sul 900 e un grande museo storico dedicato agli anni della dittatura fascista.
Film corale, girato in occasione del decennale del Fascismo, rappresenta le vicende italiane dal 1914 al 1932 secondo l’interpretazione che di queste fu data del regime, con protagonisti uomini e donne di tutte le regioni d’Italia. Un fabbro italiano emigrato in Francia (Mussolini era figlio di un fabbro) combattendo durante la prima guerra mondiale perde la memoria. La recupera anni dopo e torna in Italia, trovando un paese più moderno (bonifica delle paludi pontina, l’inaugurazione della città di Littoria) grazie al fascismo. Come ci si può aspettare per un film di regime, la critica all’epoca dell’uscita fu entusiasta. Matteo Incagliati, su i Messaggero di Roma del 24 marzo 1933 scrisse: “un film italianissimo, le scene che maggiormente colpiscono e appassionano e che sono riprodotte con maggiore potenza di mezzi espressivi, sono principalmente quelle dei reduci della prima guerra mondiale ridotti allo squallore più duro e vilipesi per aver dato il sangue alla Patria.” Successivamente questi giudizi furono drasticamente rivalutati: il “Morandini” lo definisce un “balbettante film di propaganda, girato per il decennale della Marcia su Roma, in bilico tra l’insipienza e il guittume, con punte di comicità involontaria”, e Pietro Bianchi ha sostenuto che in Camicia Nera “la retorica si sposa alla presunzione, la convenzione all’enfasi, senza un attimo di tregua”

